martedì 26 gennaio 2010

Antonio Ligabue: Guzzi e Demoni


La follia si raggiunge attraverso la perforazione di una membrana sottile, apparentemente assente ma in realtà, anche se nascostamente, presente. Perforarla non è cosa semplice ma nemmeno impossibile. La vita, le esperienze, i cuori sensibili stuprati da traumi irresistibili. Antonio “el Mat” oltrepassò quel confine misterioso. Condusse una vita tribolata, inasprita dall'assenza di affetti e dall’emarginazione. Nonostante tutto dipinse, la pittura lo aiutò a mostrare agli altri quanto in realtà fosse profonda e colorata la sua anima, quanto in realtà la follia potesse essere considerata soltanto un punto di vista soggettivo. Il suo talento non tardò a farsi notare, e quando critici e galleristi cominciarono ad occuparsi di lui, vinse molti premi e riconoscimenti. La notorietà non cambiò il suo modo di essere, ma la sua esistenza migliorò: le commissioni e i soldi gli permisero di coltivare la sua passione per le Moto Guzzi, che acquistava anche usate barattandole con i suoi quadri e accanto alle quali amava farsi fotografare. Edmondo Borselli scrisse: «Quando era disperato e senza una donna saliva sulla moto e sfidava la nebbia dei viottoli di campagna, perché la testata scoppiettante e calda della Guzzi era l'unica consolazione contro il gelo dell'inverno e l'ostilità imperscrutabile del mondo». La Moto per lui fu l’unica vera compagna su cui contare, fedele e devota e disposta a seguirlo ovunque. Insomma, uno di noi.

Luca Mancinotti



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